BREVE PROGRAMMA IN ONORE DI SAN GIORGIO MARTIRE A CASTEL S. GIORGIO; A CURA DELLA PRO LOCO













BREVE PROGRAMMA IN ONORE DI SAN GIORGIO MARTIRE A CASTEL S. GIORGIO; A CURA DELLA PRO LOCO

CELEBRAZIONI IN TEMPO DI COVID-19, CON INCURSIONI CULTURALI E TANTA FEDE POPOLARE

Il 23 aprile la Chiesa, nel calendario dei Santi, celebra la memoria di S. Giorgio martire. Ricorre, pertanto, la sua ascesa al Cielo – il dies natalis. Questo santo, nato in Cappadocia (Turchia) approssimativamente verso il 275 o 285, è patrono e/o ha caratterizzato il toponimo [cioè il nome dei luoghi] di numerosi paesi o borghi in Italia. Ad esempio, si ricordano Porto S. Giorgio (nelle Marche); S. Giorgio a Liri, nel Frusinate (Lazio); S. Giorgio a Cremano (nell’hinterland napoletano) ed infine Castel S. Giorgio – nell’Agro Nocerino Sarnese. Per l’occasione, il ridente paese di Castel S. Giorgio intende celebrare il santo rappresentato quale cavaliere – con un apposito programma, sempre nel rispetto delle norme anti-contagio da Covid-19. Area rossa permettendo, però. Lo stesso programma, allestito in questi ultimi giorni a cura della Pro Loco – nella persona del presidente Sabato Aliberti (in collaborazione con il priore della Congrega dell’Immacolata: l’acconciatore per uomini Gennaro Cibelli) nonché con “l’autorizzazione” del parroco di S. Maria delle Grazie e Santa Croce: don Gianluca Cipolletta – è articolato in poche ma simboliche e pregnanti iniziative. Proprio a causa del temibile Coronavirus, la cui presenza in Italia e in Campania purtroppo continua a serpeggiare e a inficiare le attività commerciali e gli esercizi di tutti i tipi – nuocendo all’economia e alla libertà associativa di ciascuno. Oltre che, naturalmente, mietendo continuamente vittime o intasando le terapie intensive degli ospedali. Ma si spera che il santo patrono di Castel S. Giorgio (oltre al veneratissimo S. Rocco; ricorrenza il 16 agosto) possa contribuire a spazzar via questa pandemia – non solo a S. Giorgio ma nella nostra nazione e nel mondo. Il manifesto delle iniziative in onore di questo leggendario guerriero turco – il cui nome potrebbe indicare la “Madre Terra” (Gea o Gaia) e quindi i “coltivatori della terra”; i contadini – pone in risalto lo stemma della cittadina (circa 14mila “anime”; sindaco attuale: l’avvocato Paola Lanzara) e il logo della Pro Loco. Sullo sfondo, una delle classiche immagini (iconografiche e iconologiche) dell’Uomo. Vestito da cavaliere, che – secondo una leggenda “laica” – affronta il terribile drago (come non ravvisare una metafora di questo periodo, essendo il drago un simbolo del Covid?) per liberare la fanciulla prigioniera (una principessa). In realtà, sempre metaforicamente, il drago rappresenterebbe (ancora tradizionalmente ed etnograficamente) il demonio; il Male. Le kermesse previste, tornando a noi e ai festeggiamenti, sono rievocative: si prevede una “passeggiata” (itinerario, incursione) culturale, con partenza alle 15 da via Cupa delle Selve e con visite guidate (ricche di spiegazioni) fino alla cappella dedicata al santo: una costruzione diruta, all’interno delle mura dell’antico castello. Che risale, probabilmente, al XII secolo e che domina – tra altre fortificazioni (ad esempio quella dell’eremo di S. Maria a Castello, sempre nel comprensorio sangiorgese) – la collina pietrosa di Montecastello. A seguire, si terrà una celebrazione della Santa Messa alle 18.30 – nella chiesa di S. Maria delle Grazie e S. Croce. Un “cartellone” molto sobrio; le spiegazioni saranno tratte dalle opere di due studiosi locali: Gaetano Izzo (storico e fotografo autodidatta sangiorgese) e il compianto Gino Noia, da Mercato S. Severino. Gli eventi saranno “ripresi” in diretta Facebook, sulle pagine social della Pro Loco e/o di altri enti locali. Lo streaming seguirà le celebrazioni a partire dalle 15 e fin dopo le 18.30. Chi volesse, potrebbe comodamente assistere da casa agli eventi previsti. Qualora dovesse perdurare la Zona Rossa anti Covid, in data 23 aprile, la locandina prevede che si tenga solo la funzione religiosa (sempre alle 18.30). Ci saranno comunque i ragguagli storici, sulla figura del santo e sulla cappella succitata. Garantito – in ogni caso – il pieno e rigoroso rispetto delle normative di contrasto al virus. La locandina è siglata da Sabato Aliberti (Pro Loco) e da don Gianluca Cipolletta. Il comune di Castel S. Giorgio è ricco di retaggi antropologici ed etnografici, nonché religiosi. Ricordiamo, ad esempio (tra le tradizioni più ancestrali e sentite), il “Volo degli Angeli” nelle frazioni Campomanfoli e Aiello (quest’ultima località deriverebbe l’etimo da “ager”, “agellus”, “piccolo campo”). Il “Volo degli Angeli”, evento molto suggestivo, avviene il martedì dopo la Pentecoste. In onore della Madonna di Costantinopoli, donde – anche – i nomi Nobile e Nobilina, molto diffusi nel Sangiorgese. In questo giorno l’etere olezza od olezzava (almeno prima del Covid) del profumo fragrante promanante dalle sarde in pinzimonio (o “a beccafico”): con olio, aglio, menta e soprattutto aceto. Due bambine – a simboleggiare le anime innocenti, le “verginelle” – vengono di consueto abbigliate ed addobbate come angioletti. Poi vengono “appese”, attaccate, ad una sorta di carrucola in legno (detta “ngegno”; il congegno) e da lì intonano con le loro vocine nenie accorate; sono invocazioni alla Madonna di Costantinopoli – venerata appunto nelle due frazioni sopra menzionate, nell’omonima chiesa. È un culto mutuato dalla tradizione bizantina. Le bimbe, vestite di rosa e di azzurro – a mo’ di puttini – rappresentano il corale grido del popolo sangiorgese contro il demonio. Una volta, tanto tempo fa, la rappresentazione era ancora più complessa e lunga. Addirittura vi era un “recital” che prevedeva anche la “presenza” (sulla scena; nella piazza tra le due località) del diavolo. Ai nostri giorni, comunque, la kermesse del “Volo degli Angeli” è ancora molto partecipata. Non solo riguardo ai cittadini sangiorgesi, ma affollata anche da tanti visitatori e/o curiosi provenienti da zone limitrofe: Mercato S. Severino; Bracigliano; Angri eccetera. Mentre le ragazzine sono sospese in alto, ecco che la banda suona solennemente e pomposamente. Purtroppo, al tempo della pandemia, le restrizioni sanitarie prevedono limitazioni e contingentazioni che, certamente, non affievoliscono la fede e il culto da parte della gente; però la paura del contagio ha ridotto alquanto la presenza della gente nei luoghi della festa. Che dire, infine, di S. Giorgio? Si sa che fu educato alla religione cristiana dai genitori; fu in Palestina; fu guerriero sotto la dominazione dell’imperatore Diocleziano. Sembra che il suo martirio sia avvenuto proprio per ordine di Diocleziano – oppure sotto Daciano, imperatore dei Persiani. Secondo la sua agiografia (storia dei santi e dei beati), sopportò parecchie torture e il suo esistere ha alimentato tante leggende. Tra queste, appunto la tradizione che lo vorrebbe sconfiggere un drago nell’atto di divorare (oppure, semplicemente, di rapire) una bella fanciulla. Pare che sia un mito riguardante la fase solare della Creazione. Culto già “attribuito” alla divinità babilonese Marduk. Il “fatterello” (che veicola però una complessa ritualità) della principessa e del drago assurge nel tempo a significare l’eterna lotta tra il Bene e il Male. Come accade nel già ricordato “Volo degli Angeli”. Castel S. Giorgio si compone di undici frazioni: abbiamo infatti (oltre al capoluogo) Aiello, Campomanfoli, Casalnuovo, Castelluccio, Cortedomini [cioè la corte “del Signore” o “Dominus”], Fimiani, Lanzara, Santa Croce, Santa Maria a Favore, Torello [ossia: “luogo elevato”, non “cittadella dei tori”. È come Torino, l’antica “Augusta Taurinorum” – ovvero dei Galli Taurini], Trivio. Tante le bellezze artistiche, architettoniche e culturali – in tutta S. Giorgio. Annoveriamo, tra i molteplici siti di maggiore interesse, la chiesa di S. Barbara a Torello e il monastero delle suore Crocifisse Adoratrici dell’Eucarestia (dapprima dimora dei feudatari, poi convento – dal 1712 – “grazie”, diciamo così, al barone De Sanctis). Questo complesso è ubicato al capoluogo; fu acquistato da madre Maria Pia Notari Della Croce. Tra le sue mura, anche la beata Maria della Passione – monaca e mistica, al secolo Maria Grazia Tarallo. Da Barra (Napoli). E vi sono tante altre mirabili cose da osservare e studiare: la famosa Villa “Calvanese”, per esempio. Sita nella frazione di Lanzara. È (o era?) sede culturale, ospita (ospitava?) spesso eventi sociali ed è circondata da giardini ed aree a verde “all’Inglese”. Insomma, anche per quanto attiene a Castel S. Giorgio, è dimostrato che le nostre zone più “piccole” e/o “umili” (apparentemente “lontane” dai grandi attrattori turistici come Pompei, Caserta eccetera) hanno tantissimo da raccontare a chiunque abbia la voglia e l’umiltà, la curiosità, la passione per ascoltare. Proprio in nome della Cultura (con la maiuscola!) nelle piccole realtà locali hanno operato e/o continuano a operare (umilmente) storici del calibro di Gino Noia (deceduto nel 2011) e di Gaetano Izzo. Tra i figli più illustri di tale cittadina.

ANNA MARIA NOIA

/ 5
Grazie per aver votato!
Visualizzazioni: 0